Emigranti, una storia, tante storie…

Emigranti, una storia, tante storie…

Prefazione

È la storia di un cittadino italiano, Bruno Cesare Malan Bounous, nato a Luserna San Giovanni il 1° giugno di 1949.

All’età di 2 anni emigrarono con la sua famiglia, in “America”, tutti assieme a suoi genitori e due fratelli. Sono stati uno degli ultimi gruppi ad arrivare in Uruguay.

Poi a l’età di 18 anni, Bruno ha l’opportunità di tornare in Italia, alle Valli Valdesi, coi genitori, grazie a una zia che gli ha pagato il passaggio.

Viaggio che lo ha segnato profondamente per il resto della sua vita. Dopo due mesi di viaggio, non tornò come era segnato nel biglietto, coi suoi genitori. Decise di restare altri 8 mesi perché voleva vivere tutte quelle storie che aveva sempre ricevuto a casa, in famiglia, con tanta nostalgia.

Al suo rientro in Uruguay decise studiare, per laurearsi in medicina veterinaria. Fatta la laurea, ottiene una borsa di studio dall’Istituto Italiano di Montevideo, per fare 8 mesi di approfondimento a Parma, questo li permesse di nuovo ritornare nelle sue amate valli. Da quel momento in poi si propose farlo ogni 10 anni, e quei ritorni gli restituirono sempre la sua energia vitale.

Nel 2004, ha portato la sua famiglia in modo che potessero scoprire la sua patria e conoscere la sua terra. E ha sempre tenuto alto l’orgoglio di appartenere a quella gente umile, laboriosa, di grandi artigiani e grandi contadini, con molto senso comunitario come i valdesi.

A Colonia Valdense, Uruguay, dove ha vissuto tutta la sua vita, si è dedicato a sostenere e consigliare soprattutto i più piccoli produttori di latte.

Alla fine dei suoi giorni, colpito da una malattia terminale, ha cercato di scrivere e continuare a trasmettere le sue esperienze.

Ed ecco che condivido una delle sue storie.

A mio marito con molta ammirazione… Graciela Moreira Negrin

Famiglia Malan Bounous a Concordia dipartimento di Soriano_Uruguay

I nostri primi anni di vita in Uruguay.

“In quegli anni l’Uruguay aveva bisogno di manodopera qualificata, favorito dalo stato, arrivavano molti emigranti. Con questo scopo arrivò in Italia una delegazione di uruguaiani per favorire questa migrazione, verso una terra prospera. Mio padre Giovanni Ernesto Malan detto Gianin, partecipa a uno di quei discorsi che hanno organizzato ed è rimasto molto entusiasta.

Come conseguenza di uno stato d’animo del dopoguerra e con la paura che la storia si ripetesse, avendo tre figli, hanno preso l’impulso di emigrare in “America”. Le esperienze forti verranno lasciate alle spalle e se ne vanno segnate dalla speranza di un nuovo progetto di vita. Vendono tutti i loro averi e con il ricavato non sono stati in grado di pagare i biglietti. Hanno ricevuto un prestito dalla chiesa valdese in Uruguay, tramite il pastore Ganz.

Correva l’anno 1951, e dopo aver viaggiato in treno per Genova, lasciammo il suo porto sulla nave Castel Vert. Il viaggio è stato condiviso con altre 2 famiglie delle valli : Enrico Armand Ugon e sua famiglia, e Enrico Malan e famiglia. I miei fratelli avevano, Ettore 14 anni e Walter 12 anni, mio ​​padre Gianin 40 anni e mia madre María 42 ed io 2 anni. Dopo circa un mese siamo arrivati ​​al porto di Montevideo. Là ci aspettavano connazionali come Giovanni Malan Janavel, detto Gianàs, ci aspettavano con impazienza per avere notizie dalle valli.

Dal porto ci trasferirono a 125 km dalla capitale, dipartimento di Colonia, alla città di Colonia Suiza dove ci hanno alloggiato nel Parco del Retiro in un grande capannone. I letti non erano sufficienti e gli uomini dovevano dormire su “fagotti”. La gestione di queste famiglie in Uruguay era affidata al Sig. Juan José Greissing.

Ogni famiglia è stata registrata con le proprie capacità di conoscenza del lavoro e di conseguenza, sono state collocate in lavori diversi.

Mio padre faceva il calderaio. Aveva lavorato nella principale industria tessile di Luserna San Giovanni, a Pralaffera, il che significava che conosceva anche il lavoro di muratore. Nella sua piccola fattoria a Casteluzzo, collina di San Gionanni, oltre al lavoro in fabbrica, coltivava vite, frutetti e faceva l’orto. Quindi conosceva bene anche il lavoro nelle vigne.

Si decise quindi, che si sarebbero recati a lavorare in un vigneto a Colonia Concordia nel dipartimento di Soriano. Li siamo stati per 2 anni. Da questa fase conservo i ricordi e le storie che i miei genitori hanno sempre raccontato. Fu una fase molto difficile della loro vita, per loro perché per loro c’erano difficolta, nel comunicare e farsi capire…non conoscevano lo spagnolo. Poi erano pochi vicini e nessuno conosceva l’italiano.

L’accordo che hanno preso con il signor Passarino, proprietario della vigna, era che dovevano provedere al suo magazzino e poi con la vendemia pagavano i debiti. È successo che quel primo anno il raccolto non è stato sufficiente per pagare il debito, perché c’era stata una forte gelata che ha danneggiato in modo significativo i vignetti. Di fronte a questa incertezza, mio ​​padre decise di andare a lavorare come muratore a Colonia Valdense, a 200 km da dove abitavamo. Mamma, Ettore e Walter si sono presi cura della vigna per un nuovo anno.

I miei fratelli ricordano che la disponibilità di denaro in quel primo anno era zero. E che è migliorata nel secondo anno con il lavoro di papà.

Di nuovo in attesa del raccolto é da concordare con il proprietario. La mamma era un’ottima amministratora e teneva tutte le spese con cura nel suo libretto. La sorpresa fu quando vide che le spese non coincidevano con quelle del Sig. Passarino. Questo fatto finì per motivare il trasferimento alla Colonia Valdense, dove oltre a incontrare connazionali, c’era una struttura ecclesiastica e pastori che davano sostegno e maggior sicurezza ai nuovi arrivati.

Papà in Italia aveva avuto una vita molto socievole. Con il cambiamento nella vita, si sentiva molto lunatico e annoiato dicendo sempre che voleva tornare nella sua terra. È stato fermato dalla totale carenza economica. Per alleviare questa situazione, ha allestito un campo da bocce e ha tirato fuori il gioco che aveva portato nel suo baule. Ha insegnato a giocare a tutti i vicini e anche i poliziotti del paese.

Nella città di Dolores, a 20 km, viveva un gruppo di connazionali con cui ci si incontravamo per mangiare, cantare e suonare la domenica.

A Colonia Concordia l’unico bambino con cui ho condiviso, fu una bambina di 6 anni è mi sono unito al classico giocco di bambole.

Un vicino di casa nostra, Angelo lavorava come fabro. Mi ha fatto un braciere con il quale riscaldavo l’acqua in un bollitore ogni mattina per bere mate. Quest’ultima è la bevanda tipica in Uruguay, che le persone nel campo bevono prima di andare al lavoro.

Una volta al giorno passava davanti a casa un autobus per Dolores. Avevo preso l’abitudine di allontanarmi di casa, andando a l’incontro dell’autobus, e facevo una specie di autostop. Calo, l’autista, mi ha invitato un paio di volte a venire a stare a casa sua a Dolores, una vera aventura.

Mio fratello Walter era felice di venire in America perché il suo sogno era andare a cavallo e fantasticava su quell’idea. Ovviamente l’immaginazione era più grande della realtà. Un giorno ha fatto un vino “solera” con abbondante zucchero. Lasciò la bottiglia pronta sotto la vasca d’acqua dolce, che in assenza di frigorifero era il posto più fresco che ci fosse. Quando ho scoperto una tale prelibatezza, l’ho presa con grande piacere. Il risultato è stato che è arrivato il crepuscolo e io ero scomparso, il che ha causato un movimento di tutte le persone del quartiere. Dopo tante ricerche mi hanno trovato addormentato in vigna, come conseguenza dell’alcol. L’esperienza mi ha causato un rifiuto totale del vino fino ai miei 20 anni.

Come aneddoto che posso raccontare su mio fratello Ettore, è il giorno in cui mia madre lo ha mandato a cercare il burro. Quando entra nel magazzino dicendo “Voglio due etti di burro” tutte le persone che erano lì si sono messe a ridere e gli hanno chiesto ancora cosa voleva, pensando di aver capito male. Burro in spagnolo è un asino, e da quel momento ogni volta che lo rivedevano, gli dicevano “Voglio asino”, ma per fortuna questa facenda non lo colpi, si è limitato a ridere sempre.

Una volta a Colonia Valdense abbiamo affittato una casa fino a quando papà non ha finito di costruire la nostra casa su una proprietà che avevamo acquistato dal’Instituto Nazionale di Colonización (con speciali piani di pagamento a lungo termine e senza interessi). Alzava i muri la domenica e sempre con l’aiuto di un connazionale. Papà ha continuato a lavorare nell’edilizia, Ettore in una fabbrica tessile e Walter è andato a Montevideo in un pastificio. Da parte mia, ora stavo andando al campo di calcio dei miei vicini, avendo da allora un cambiamento radicale tra giocare a bambole e giocare a palla con altri bambini.

In un paio d’anni la nostra situazione economica è migliorata e con questo siamo riusciti a tornare a lavorare insieme a casa, sulla nostra proprietà. Abbiamo piantato frutetti, una vigna, e abbiamo anche fatto un orto e abbiamo potuto acquistare una mucca e una pecora. E così lentamente ci siamo diretti verso la nostra nuova terra nella comunità di Colonia Valdense e ci siamo sentiti sempre meglio.”(testimonianza de Bruno Malan Bounous).

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